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Elena Aganoor
Una lampada
Amica di mie veglie, entro l'oscura
Stanza silenzïosa, il picciol foco
Guardo talor con amorosa cura,
Che solitario brilla.
L'anima tua fra i bei vetri sicura
Mira diritta al cielo e raro oscilla,
Pur si andrà consumando a poco a poco
La sorte che ti danna è la mia sorte.
Più viva assai di quella tua fiammella
Più amabil, più superba e più sdegnosa,
Ardere, occulta entro l'angusta cella,
Sento l'anima mia.
In ricca veste, trasparente e bella,
Non della tua men frale, a eccelsa via
Mira più sola e più di te dubbiosa:
Ambe ci spegnerà la cruda morte.
Mentr'io cercando per l'ignoto immenso
Inutil vivo, inutil non mi sei
Tu, che del viver tuo pur non hai senso
E a cui favello invano.
Ma non perciò ch'io t'amo e sento e penso,
Giungo a scoprir del viver mio l'arcano
Chè, non più de'tuoi raggi, i lumi miei
Ponno passar per entro a opache porte.