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Ernesto Ragazzoni
Dreamland
Vuoi che sia qui? O se, piuttosto — ascolta —
fosse in qualche remoto antro marino,
qualche spelonca celebre una volta
per la lotta d’un drago e un paladino?
Una reggia nettunia abbandonata
tra cielo e mare, in un vapor turchino?
Forse il placido asilo d’una fata
l’acropoli di qualche boreale
Atlantide, sommersa ed obliata?
Un tempio nel basalto, eccoti, quale
se ’l sarebbe scavato il mare stesso
per farsene una tomba trïonfale.
E qui sepolto il mare e sottomesso
è come un lago al fondo d’un cratère.
Il sole non v’esilia che un riflesso.
Ma l’onde — quasi occulto in lor potere
si tenessero un oro luminoso —
hanno caldi bagliori di braciere.
È il bel regno degli echi e del riposo;
alla sottil fosforescenza tutto
s’imporpora d’un lume favoloso.
Rifugio labirinteo costrutto
per gli amor d’un’Ondina e di un Tritone,
orecchio, forse, donde origlia il flutto.
Rocca del mar! Ben s’ha l’illusïone
d’esser qui come gli ospiti d’un Dio,
presi in una soäve incantagione.
Stilla, stilla, in tranquillo gocciolìo,
le stallattiti frangiano lo speco
in fughe d’archi pensili, e il brusio
delle nostre parole, volte in eco
d’arco in arco ci vien, come la voce
del nume ascoso che ci chiama seco.