Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Ernesto Ragazzoni

    Per funghi

    Se quest’acqua si prolunghi
    qualche poco ancora, credo
    che domani mi ti vedo
    tutto il bosco pien di funghi.

    La stagione è appunto quella
    che convïene al boleto
    e al propizio castagneto.
    Uscirò colla cestella.

    Quell’andare cauto e lento
    a frugar tra muschi, al fresco,
    se mai trovo, pel mio desco,
    il buon cibo succulento;

    quel rimuovere le foglie
    dietro al filo d’un profumo,
    a scoprir questa, nell’umo,
    selvaggina che si coglie,

    m’è grandissimo diletto
    assai più che s’io m’adoperi
    sui giornali, a legger scioperi
    o l’eterna «Caporetto».

    Fungo mio, m’han detto, fungo,
    che tu germini per spore,
    ma in che modo, Iddio Signore,
    a comprenderlo non giungo.

    Come avvenga propriamente
    non lo so, ma piove, ed ecco
    diventato umido il secco;
    vien su il fungo, e par dal niente.

    E ne sprizzan forme e torme
    lungo il pian, per le pendici
    tra le felci e le radici
    sotto l’erbe, in mille forme.

    Oh, carini! Certi, han l’aria
    d’ova, d’alghe, di testuggini;
    certi, al suolo paion ruggini
    certi sono... Oh, specie varia,

    Son minuscole pagode,
    cappellucci, orci, tentacoli,
    certi rustici abitacoli
    dove un silfo se la gode.

    Certi, tavoli uso nani;
    certi, incudini per gnomi;
    certi, ombrelli; certi, dômi,
    dômi assai lillipuziani.

    E v’han funghi barbassori
    funghi, agli altri, donni e domini
    funghi, molto superuomini...
    Ma non passan tra i migliori.

    Ci hanno indosso e gemme e porpora
    son chi son, ma se li squarci
    questi, ahimè, li trovi marci
    e un veleno in lor s’incorpora.

    Ed è, stolido, un merlotto,
    chi ci crede: ci si perde!
    Sono i funghi in grigio verde
    quelli prodi, in camiciotto,

    quei color delle cortecce,
    color terra, umili eroi.
    Tutto è infin, come da noi
    tra le genti fungherecce.

    E con unica bilancia
    funghi ed uomini io tratto,
    e so dirvi in modo esatto
    quale o no dà il mal di pancia.

    Così, amico, oppure amica
    che ti leggi questi versi,
    tieni a mente che i perversi
    (funghi, è inutile ch’io dica)

    son gli sciocchi, i farisei
    quei che più danno nell’occhio...
    che fan l’augure, il santocchio
    (funghi, intendo, amici miei).

    Vero è pur che il meno scaltro
    con un nulla li dirocca,
    e son tosto, a chi li tocca,
    quel che son, muffa e nient’altro.

    Però qui mi par s’allunghi
    troppo, e troppo sia morale,
    questa storia... Molto male.
    Via le ciance!... — Andiam per funghi.




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