Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Filippo Merlo

    Il Genio di Pinerolo

    Pendea la notte, e tenebrìa profonda
    Cupamente affoltandosi sul vasto
    Giro dell'orizzonte orribil velo
    Stendea così, che le montane vette
    Il pian, la valle, l'orbe tutto un solo
    Masso informe pareva: un rauco mugghio
    Mettean le selve sordamente, quando
    Repentino sul cor piombar io sento
    Stridor di lamentosi accenti, a cui
    Vortici di singulti il flebil corso
    Interrompèan frequenti. A più raccolta
    Attenzíon mi presto, e in queste note
    Odo sfogarsi l'affannosa cura
    Di quell'alma città, che di Ginevro
    Posa alle falde dell'alpestre giogo,
    Nido ferace di sublimi ingegni
    E ai Sabaudi d'Acaja augusti Germi
    In le passate età tomba onorata.

    Genti si pianga; messaggera i' sono
    D'alto duolo per voi. Cadde il possente,
    Il pietoso D'Orliè; cadde e sul dorso
    Nerissimo de' nembi a noi sen venne
    Il tempo di tristizia alto premendo,
    E minacciando affanni interminabili.
    Or voi, figli del canto, a cui sùave
    È 'l trattar l'arpa dalle corde flebili
    Figli del canto or voi meco piangete.
    Tutto era calma un dì: tra l'erbe e i fiori
    Lussurreggiando l'aura mattutina
    Lietamente spirava, e al garrir dolce
    Eco facea dell'azzurrino rivo;
    Alto-lucente il sol, sereno il ciglio
    Sorrideano ai voti de' mortali,
    Or sprigionato è 'l vento; atra tempesta
    Fra tuoni e lampi va scrosciando e sembra
    Rovinosa atterrar selve e dirupi.
    Ahi cadde il forte: chi alzerà lo scudo?
    Figli del canto or voi meco piangete!
    D'uopo è di pianto se li campi sterili
    Or più non v'ha chi illustri, e di pietosa
    Messe secondi; impaùrito il gregge
    Erra per colli e per vallette indarno
    Cercando il caro suo pastor che il guidi
    Soavemente a nutricarsi al prato,
    A dessetarsi dolcemente all'onda,
    Ahi più non è quel vigile custode
    Saèttator del vizio! or giace immerso
    Nel sen di morte, e seco pure, ahi lassa!
    Spenta è la fama della gloria nostra.

    Così del giusto duol l'immensa piena
    Mentr'egra Pinerol iva sfogando
    Tuona a sinistra, e d'alta luce un lampo
    Folgoreggiando le squassate nubi
    Fuga improvviso. - Maèstosamente
    Cinto di raggi la celeste fronte
    Ecco il Genio apparir dell'angosciosa
    Città, che tratta è fuor di se per tanta
    Luce, cui guardo uman regger non puote.

    Perchè, Figlia diletta, e perchè mai
    All'eccesso del duol sì incautamente
    Lanci in preda il tuo cor; che il grave affanno
    A disperazion quasi s'adegua?
    E temer puoi, che la superna mano,
    La man d'un Nume, opra di cui soltanto
    Erano i giorni di letizia aspersi,
    Che tu devota al suo voler godevi
    E all'ombra assisa dell'aurata verga
    Di Lui, che pieno di sue leggi sante
    Eragli caro un dì? Figlia, t'inganni,
    Non abbandona i buoni un Dio di pace.
    Egli intese il tuo duol; pietoso in seno
    Accolse i lagni, ed a' sinceri voti
    Dolcemente sorrise. Or pria che all'onde
    Lavi del Gange il biondo crin l'ignito
    Carreggiator della primiera lampa
    Novel Pastore avrai, Pastor, che degno
    Sarà di Te; non dall'uman favore
    Trascelto no, ma per virtù, consiglio,
    Religion, prudenza, e zel verace
    Dall'Ente sommo all'amor tuo concesso;
    Figlia, serena il ciglio; al fasto usato
    Ti ricomponi, ed a gioir t'appresta
    Inni di laude al ciel grata sciogliendo....
    Già su bei greppi, che a te fan corona
    Lieto albeggia il mattin: già 'l sol la nebbia
    Punge co' rai, figlia, tu sei felice!

    Sì disse, e ratto balenando sparve
    L'amico Genio: Iride in ciel mostrosse
    E di GRIMALDI, onor di mitre, salda
    Colonna e base edificante al tempio,
    Prenunziator dell'augurato arrivo
    Sul reboato della tromba alzonne
    Gloria tre volte il sacro nome all'aure.




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