Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Filippo Turati

    Il tombone di San Marco

    Sul gorgo viscido
    chiazzato e putrido
    sghignazza un cinico
    raggio di sol;
    quali augei profughi
    fantasmi lividi
    mesconsi, riddano,
    levansi a vol.

    Son baldi giovini
    spenti, con vacue
    forme, son vedove
    tristi beltà;
    carcami squallidi
    di vecchi, macabre
    parvenze, ruderi
    d'umanità.

    Quante speranze
    cessar le danze,
    quante esultanze
    fransero qui!
    Che mondi vividi
    di luce e iliadi
    d'affanno il baratro
    cupo inghiottì!

    Singhiozzi e rantoli,
    ghigni frenetici,
    empi monologhi,
    beffardi suon',
    ritmo satanico,
    dal gorgo erompono;
    il gorgo brontola
    la sua canzon.

    O gorgo, o luteo
    gorgo magnetico,
    o sciame lugubre,
    che vuoi da me?
    Voglio i dolori
    gli spenti amori,
    gli altri livori
    che porti in te.

    Scendi con essi!
    Ne' miei recessi,
    tra i freddi amplessi
    ammaliator'
    della sirena
    che l'incatena,
    tace la pena,
    cessa il dolor.

    Gorgo maligno,
    torvo, ulivigno,
    gorgo sanguigno,
    vaneggi tu?
    Se un giorno amante
    ti fui, l'istante
    volge incostante
    quel tempo fu.

    Invan mi affascini,
    gorgo; le torpide
    malie mi prodighi,
    sirena, invan;
    la luce adoro,
    amo e lavoro,
    mi canta un coro
    lieto il doman.

    Ah! Se mai languano
    nel cuor le imagini
    care che irradianmi
    la via fatal,
    e della vigile
    fede che accondemi
    i gufi stridano
    il funeral,

    soavi tossici,
    tremendi fascini,
    a me l'oblivio
    rifiorirà;
    chiamami, o gora;
    quella che fia l'ora;
    non vano allora
    l'appel sarà.




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