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Francesco Vettori
Novella sesta
ERA alla Corte dell’Imperatore (Massimiliano I) un certo milanese chiamato Franceschino che diceva di negoziare per il Signor di Pesaro, tristo al possibile, dispettoso e baro. Costui avea fatto in modo con suoi giuochi e barerie, che aveva ragunato scudi 1200 e gli aveva messi insieme in un legato di canovaccio, e gli teneva nella stanza dove stava in una sua bolgetta; e perchè era vano e leggieri, come si trovava con altri Italiani parlava di que’ suoi denari, ed essendo stato scoperto baro non era alcuno che volesse più giuocar seco. Era allora in Meming (dove si trovava l’Imperatore) un veneziano detto Polo, il quale era stato servitore di messer Vincenzio Quirino oratore veneziano, ed innamoratosi di una tedesca era rimasto quivi, ed essendo povero, ed avendo più volte udito dire a Franceschino che aveva questi denari, e che si voleva partire perchè gli consumava non trovando più con chi giuocare, cominciò a stare spesso intorno a detto Franceschino, e trarseli di testa, lodarlo, accompagnarlo, e perchè il servitore suo era partito, a servirlo; tanto che a poco a poco Franceschino gli pose amore, e si fidava di lui in ogni cosa, ed ancorchè non gli dicesse dove teneva i suoi denari, usando spesso la camera e con Franceschino e solo, si avvide che non potevano essere altrove che nella bolgetta; e presa una volta la comodità, trasse il legato della bolgetta, e svoltato prese i fiorini, ed in cambio di quelli nel medesimo legato messe quarteroli, e per fare che il legato pesasse come prima, vi aggiunse tanto piombo che appunto faceva il peso de’ fiorini; e rassettato il legato lo rimesse nella bolgetta. Ma ancorchè avesse tolto i denari non sapeva come fare a partirsi, e dubitava partendosi che Franceschino non se ne accorgesse e gli mandasse dietro; e dovendo andare molte giornate per Alemagna, ed essendo veneziano, contro i quali l’Imperatore aveva dichiarato la guerra, temeva. E però pensò un modo che Franceschino lo mandasse fuori per tre o quattro giorni, ne’ quali piglierebbe tanto campo che non potrebbe poi esser raggiunto. E trovatolo una volta in pensiero e fantasia, gli disse: padron mio, io conosco che stai maninconico perchè pel passato hai giuocato e vinto, ed al presente non trovando più chi giuochi teco, spendi e consumi; ma io crederei darti un modo col quale non solo vinceresti quanto hai di bisogno per spendere, ma ancora congregheresti grossa somma di denari. Tu sai che messer Vincenzio mio padrone stette quest’anno in Augusta due mesi senza faccenda alcuna, ed io in quel tempo quasi libero non attendeva ad altro che a giuocare, ed avevo trovato uno che pareva il miglior uomo del mondo che faceva carte alla romanesca, le quali io tutte conoscevo di fuori, e ad ogni giuoco di carte guadagnavo assai, e più avrei guadagnato se non fossi stato una volta scoperto; ma qui non se ne sa nulla, e però io pensavo, quando ti paresse, di andare fino in Augusta per venti o trenta paia di simili carte. E bisogna che io vada e non mandi, perchè colui che le fa, teme tanto, che non le darebbe ad altri che a me; e quando sarò tornato con esse, tu mi potrai far forte di denari, ed io giuocherò per te, che a me ogni piccola parte basterà, e seguiteremo la corte vivendo grassamente alle spese d’altri, ed avanzeremo ancora tanto da potere sguazzare in Italia. A Franceschino che era un fine tristo non potè più piacere il partito, e perchè potesse andare più presto, volle che menasse un suo buon cavallo. E così Polo col legato de’ fiorini la mattina seguente a cavallo si partì, e come fu fuori della terra prese il camino verso Italia. Da Meming ad Augusta sono due giornate; e però Franceschino insino in cinque dì non stette ammirato, perchè pensava che due ne mettesse ad andare, due a tornare, ed uno a star là; ma come passò il sesto, cominciò a stare in fantasia, e per passarla si pose a giuocare con uno che ne intendeva più di lui, ed avendo perduto quanti denari si trovava accanto, si andò alla stanza sua per la bolgetta; e come fu venuto ne trasse il legato, e con un coltello l’aperse, e subito s’avvide che in cambio de’ fiorini di Reno v’erano stati messi quarteruoli, e tardi conobbe che Polo l’aveva ingannato, e disperato a piè si messe a volerlo cercare, e per la fatica e il dolore presto s’ammalò ed in pochi giorni ad un’osterietta si morì.