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Francesco Vettori
Novella terza
PRESSO a Innsprück un miglio è certo castello detto Alla, nel quale si fa una fiera che dura quindici giorni, e vi vengono assai mercanzie d’Italia, e massime panni non molto fini. Vennero a detta fiera, non ha molto due mercanti bergamaschi nominati l’uno Andrea, l’altro Nicodemo, e per qual causa si fosse, menarono con loro le mogli giovani e belle, le quali aiutavano loro vendere i panni, e poi facevano le altre faccende di casa. Andrea era vecchio e brutto; e la moglie che Angiola avea nome, poco di lui si contentava, e molto le piaceva Nicodemo, il quale ancorchè non fosse molto giovine, era appariscente e gagliardo, ma amava tanto la moglie che Ferretta si chiamava, che l’Angiola si disperava poter mai ottenere da lui cosa che ella volesse. Ma accortasi che un giovane della terra, detto Vulgam, molto spesso stava a motteggiare colla Ferretta, pensò di aiutare questo amore per vedere se con questo modo potesse mettere ad effetto il suo. E venne molto bene, che Andrea sendo stato otto dì ad Alla, deliberò portare una parte de’ panni più grossi a Sboz, luogo non molto lontano, dove sono le cave dell’argento, stimando finirli meglio, e lasciò l’Angiola che vendesse gli altri e stesse con Nicodemo, come faceva prima. La quale, parendole che la fortuna l’aiutasse, cominciò con destro modo a lodare Vulgam alla Ferretta, e dirle che s’era bene avvista che Nicodemo aveva qualche pratica d’altra donna, e che si maravigliava che avendo occasione di godere sì bel giovane non la pigliasse, e che se ella fosse amata da lui non indugerebbe troppo a contentarlo. E tanto infiammò con queste ed altre parole l’animo della Ferretta, che si dispose a far piacere a Vulgam; ma rimase che l’Angiola pensasse al modo. La quale andò subito a trovare il giovane che molto bene parlava italiano, e compose seco che la sera a notte venisse, e che lo metterebbe in camera sua a dormire colla Ferretta. Nicodemo, sendo del mese di Ottobre usava ogni sera aver cenato ad un’ora di notte, e a due andava a riposare, e lasciava la Ferretta insieme coll’Angiola che rassettassero i panni, e gli ordinassero per la mattina seguente. Come egli fu andato a dormire, ne venne Vulgam, e insieme colla Ferretta n’andò nel letto dell’Angiola, ed essendo demandata dalla Ferretta dove essa dormirebbe, disse che si starebbe nella stufa, e quando le paresse tempo gli chiamerebbe, acciocchè Nicodemo non pigliasse sospetto. Nè stette molto che in camera di Nicodemo al buio se n’entrò, e con esso si mise nel letto, e cominciolli a fare tante carezze, che Nicodemo si maravigliò, perchè la Ferretta sua non era usa a far così; pure fece il debito suo e più d’una volta. L’Angiola per aver causa di levarsi quando le pareva tempo, quando entrò in camera legò all’uscio una corda, e la portò al letto perchè tirandola facesse rumore; e volendosi partire tirò la corda, e l’uscio fece rumore, ed ella ebbe causa di levarsi per vedere che cosa fosse, e tolti piano i panni suoi, andò dalla Ferretta e le disse ch’era tempo. La quale mal volentieri dal suo amante si partì, perchè le parve che la trattasse altrimenti che Nicodemo; pure per non dar ombra, al lato al marito tornando, e per mostrare non essere stata con altri, gli fece più carezze non soleva, onde egli disse; donna, bisognerebbe che io fossi più giovane a contentarti; ora mi ti levi d’accanto per il rumore sentisti, e di nuovo torni a darmi fastidio. La Ferretta a queste parole stette sospesa pensando a quello volesse dire il marito, e le venne in fantasia quello che appunto era seguito, ma trovandosi in colpa non volle rimescolare questa materia. L’Angiola tornata in camera, e trovato Vulgam solo, e parendole che Nicodemo non fosse riuscito secondo pensava, al lato ad esso se n’entrò, e trovandolo giovine, fresco e gagliardo, pensava un modo di poterlo ritirare dall’amore della Ferretta, e porlo a sè; e le venne in mente questo, che stata alquanto nel letto molto afllitta, disse: Vulgam mio, noi altre donne siamo tutte fragili, e meritiamo scusa perchè così ci ha creato la natura. Tu puoi aver veduto quanto io abbia favorito l’amor tuo colla Ferretta, e si può dire che io sia stata causa del peccato seguito tra voi; e questo ho fatto non tanto per l’amore che portavo a te, quanto per giacere col marito della Ferretta, ora che Andrea mio era Sboz; e questa notte sono stata seco in cambio della moglie, di che mi pento insino all’anima, e mi duole che uno sì galante e pulito giovane, come tu sei, sia stato colla Ferratta, considerato il pericolo porti, perchè ho trovato questa notte Nicodemo tutto piagato di mal francese, di che, com’io m’avvidi, senza avere a fare cosa alcuna seco, impaurita mi partii, e ti conforto a non volere aver più pratica colla Ferretta, acciocchè da lei non pigliassi simile male, che sai quanto è contagioso, e quanti bei giovani per questo sieno guasti e ridotti in miseria; e sebbene io non son bella come la Ferretta, non credo quando converserai meco di dispiacerti. Il giovine trovandosi nel letto, e temendo di quello gli veniva detto, ad essa si appicciò, e le promesse di lasciare in tutto l’altra; e così il resto della notte si dettero piacere. La mattina il giovine per tempo levato si partì, e le donne e Nicodemo tornarono al loro mestiere usato di vendere i panni; nè prima s’appressò la sera, che la Ferretta, essendole piaciuto Vulgam, pregò l’Angiola che la notte lo facesse venire. La quale le rispose che quando si partì le disse che non potrebbe tornare l’altra sera; non dimeno lo fece venire per sè, e così l’altra notte; e quando con una scusa, e quando con un’altra la Ferretta trastullava, e con Vulgam si giaceva. Ma essa dopo sei giorni cominciando a dubitare di quello era, nè parendole che Vulgam la guardasse più come soleva, se ne volle chiarire; e postasi una sera in luogo segreto, s’accorse molto bene che Vulgam dall’Angiola andava e con essa dormiva; onde infuriata, tutto l’amore che all’Angiola ed a Vulgam portava in odio convertì, ed entrolle fantasia volersi vendicare; e sendo intra quattro giorni tornato Andrea, tutto questo caso per ordine gli narrò, mostrando farlo per affezione o per tener conto dell’onor suo. Andrea fu malissimo contento, e non volle prestar subito fede alla Ferretta; ma dopo che fu stato in Alla due giorni, disse alla donna la mattina in sul desinare che il dì voleva ire a Innsprück a riscuotere certi danari e che non tornerebbe la sera. La donna, sendo stata sei dì senza l’amante, le pareva ogni ora mille che il marito si partisse, ed a Vulgam fece cenno che venisse la sera da lei. Sendo venuto ed entrati in camera nel letto, il marito che non era partito ma era stato nascosto in casa, a mezza notte si scoperse e trovò gli amanti nel letto; ma Vulgam veduto Andrea niente s’impaurì: prese la sua arme e disse all’Angiola che seco n’andasse. Andrea volle fare alquanto di resistenza, ma sendo vecchio e debole, Vulgam irato l’ammazzò, e presi certi denari trovarono di suo, egli e l’Angiola dal castello si partirono.
Nicodemo avendo la notte sentito il rumore, e veduto quello era seguito, deliberò la mattina per tempo colla moglie partirsi, e rassettate tutte le cose sue, ed ancora quelle di Andrea, pensando come s’usa per parte dei mercanti, della roba d’Andrea a nessuno dar conto, e parendogli per questo non avere mal guadagnato alla fiera, se n’andava assai contento. La Ferretta conoscendo che il disegno suo era tutto riuscito al contrario, e che l’Angiola era per goder Vulgam un tempo tutto libero, non potè star paziente, e pensò lasciare il marito, e cercare se poteva ritrovar Vulgam. E però si compose con un famiglio tedesco che Nicodemo teneva, e la notte, sendo a Masteron, dove si posarono il primo dì che partirono da Alla, sapendo dove Nicodemo teneva i suoi denari, quelli tutti tolse, e la notte si partì col famiglio. E così de’ due mercanti che condussero le donne alla fiera, l’uno fu morto; l’altro restò senza la donna e i denari. Se la Ferretta trovasse poi o nò Vulgam, e quello di lei seguisse non è noto appunto.