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Giacomo Zanella
A Dante Alighieri
Misurator di mondi,
Che disdegnoso di più breve lito
I pelaghi profondi
Solcar dell’infinito
Fosti con vele ancor caduche ardito;
Se questa età, che d’oro
Volge in sorgente lo scoperto vero,
Torna al tuo santo alloro,
Non anco del pensiero
Tutto la creta conquistò l’impero.
Padre, dal dì che in cielo
Eri con Bice novamente accolto,
Quanto del fosco velo
Al guardo uman fu tolto,
Onde giaceva l’universo avvolto!
Ne’ chiostri ancor romita
Il dito non togliea dal suo volume
Filosofia, che ardita
Or drizza al sol le piume
E le rideste menti empie di lume.
Nell’acque di Ponente,
Ove locasti il sospiroso regno
Della compunta gente,
Spezzato ogni ritegno,
Auspice entrò d’un Genovese il legno.
Son mille terre; e denso
Di tesori, di popoli, di navi
S’agita un mondo immenso,
Ove ne’ flutti ignavi
Occultarsi a’ mortali il sol pensavi.
Lascia le anguste sedi
Esule Europa e del Meriggio ai mari,
Che le son contro a’ piedi,
Porta operosi lari,
Liberi cambi e non macchiati altari.
Padre, il tuo sol disparve
Co’ cieli di cristallo. Un tuo Toscano
Delle pugnate larve
Atterrò l’idol vano
E del creato rivelò l’arcano.
A’ rai del ver caduta
È la vetusta idea. Ma la tua stella
Il mondo ancor saluta,
Che dalla tua favella
Sentì l’aure spirar d’alba novella.
O dell’inciso verso
Inflessibil signor che in poche carte
Hai chiuso l’universo,
Del folgore dell’arte
L’indomabile armando ira di parte;
Le torri e le badíe
Che ti accolsero errante, or son ruina;
Sovra men scabre vie
Umanità cammina
Col lábaro immortal: Fede e dottrina.
E tu nel lungo corso
Sempre innanzi le stai, come montagna
Che via per l’ampio dorso
Dell’onda, in cui si bagna,
Le vele che dileguano, accompagna.
Vive di te l’eterno,
Se l’umano perì. Dal ciel discende,
Risale dall’inferno
L’austero suon, che apprende
Dell’alte cose amor che i degni accende:
Amor, che dalle pugne
Di questa valle per eccelso giro
A Lui ne ricongiugne,
Che dell’ardente spiro
Nutre la rosa del beato empiro.
O Padre, cui risorto
Risorse alfin l’italica fortuna,
Se mai fallisse al porto,
Ove ogni ben s’aduna,
Questa terra fatal che ti fu cuna;
Al tempio tuo che immoto
Leva la fronte su divine alture,
Porga fidente il voto;
E rinnovate e pure
Dal monte scenderan l’età venture.