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Giacomo Zanella
La religione materna
Dall’orïente ascoso
Entro notturne bende
Per calle avventuroso
Un pellegrino ascende,
A cui fedel lucerna
Diè nel partir la carità materna.
È l’orizzonte oscuro,
Incognito il cammino:
Pur a que’ rai securo
Ascende il pellegrino
Verso la patria ignota,
Che scorge in fondo all’avvenir remota.
Ma candido barlume
Già rompe in ciel: vacilla
E si scolora il lume
Dubbioso alla pupilla
Del vïator, che a stento
Anco il ricopre colla man dal vento.
Più del cammino acquista,
E più nel sol che nasce,
L’avvalorata vista
Maravigliando ei pasce;
Già l’umil lampa obblia,
Al cui santo splendor prese la via.
Sul mezzodì procede,
E nel chiarore immenso
Spenta la lampa ei crede,
Perchè velata al senso.
Folle credenza! Eterno
Vive il ricordo dell’amor materno.
Al termin del sentiero
Sale a ponente un monte.
Il sol declina: in nero
Si tinge l’orizzonte.
A tremolar distinta
Torna la fiamma ch’ei credeva estinta.
Torna il bel raggio, e torna
Lontana ricordanza
D’una chiesuola adorna,
D’una solinga stanza,
Ove materna fede
La lampa accese che al partir gli diede.
Sereno avanza il passo
Per l’aria tenebrosa,
Finchè su breve sasso
Stanco la lampa ei posa;
Posa attendendo il messo,
Che lo rinnovi nel materno amplesso.