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Giosuè Carducci
Il sonetto
Dante il mover gli diè del cherubino
E d’aere azzurro e d’or lo circonfuse:
Petrarca il pianto del suo cor, divino
Rio che pe’ versi mormora, gl’infuse.
La mantuana ambrosia e ’l venosino
Miei gl’impetrò da le tiburti muse
Torquato; e come strale adamantino
Contro i servi e’ tiranni Alfier lo schiuse.
La nota Ugo gli diè de’ rusignoli
Sotto i ionii cipressi, e de l’acanto
Cinsel fiorito a’ suoi materni soli.
Sesto io no, ma postremo, estasi e pianto
E profumo, ira ed arte, a’ miei dí soli
Memore innovo ed a i sepolcri canto.