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Giovanni Pascoli
Voci misteriose
La nebbia gemica, tira una buffa
ch’empie di foglie stridule il fosso;
lieve nell’arida siepe si tuffa
il pettirosso;
sotto la nebbia vibra il vocale
canneto un brivido quasi febbrile;
sopra la nebbia lontano sale
il campanile;
passo, e precedemi sul limo un gaio
stormo di passeri quasi irridendo,
mentr’io nel plumbeo ciel di gennaio
l’orecchio tendo.
Tendo l’orecchio nel faticato
di pensier torbido cielo d’inverno,
in cui forse Eschilo meditò il fato,
Dante, l’inferno,
in cui la pallida strega — e i ghiacciai
con rombe assidue rompeansi a tratti —
dubitò il termine venuto omai
scritto ne’ patti.
Come la pallida strega, l’orecchio
tendo, anch’io, pallido, d’antichi eventi
a voci e strepiti, che il mondo vecchio
canta tra i venti.
Non è la nebbia che per la piana
via le pozzanghere trepida batte,
ma là tra l’aere dubbio una strana
voce combatte:
pari d’Eolie lire al concento
nell’Apollinee splendide gare,
nuova Olimpiade sui monti sento
rumoreggiare.
Un grido fervido, lungo, echeggiante
Pan manda il postumo, Pan che non muore,
Pan per le cedue boscaglie errante
Dio vincitore.