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Giuseppe Parini
Il dono
Per la Marchesa Paola Castiglioni
Queste, che il fero Allobrogo
Note piene d’affanni
Incise col terribile
Odiator de’ tiranni
Pugnale, onde Melpomene
Lui fra gl’Itali spirti unico armò;
Come oh come a quest’animo
Giungon soavi e belle,
Or che la stessa Grazia
A me di sua man dielle,
Dal labbro sorridendomi,
E dalle luci, onde cotanto può!
Me per l’urto e per l’impeto
De gli affetti tremendi,
Me per lo cieco avvolgere
De’ casi, e per gli orrendi
Dei gran re precipizii,
Ove il coturno camminando va,
Segue tua dolce immagine,
Amabil donatrice,
Grata spirando ambrosia
Su la strada infelice;
E in sen nova eccitandomi
Mista al terrore acuta voluttà:
O sia che a me la fervida
Mente ti mostri, quando
In divin modi, e in vario
Sermon, dissimulando,
Versi d’ingegno copia
E saper che lo ingegno almo nodrì:
O sia quando spontaneo
Lepor tu mesci a i detti;
E di gentile aculeo
Altrui pungi e diletti
Mal cauto da le insidie,
Che de’ tuoi vezzi la natura ordì.
Caro dolore, e specie
Gradevol di spavento
È mirar finto in tavola
E squallido, e di lento
Sangue rigato il giovane
Che dal crudo cinghiale ucciso fu.
Ma sovra lui se pendere
La madre de gli amori,
Cingendol con le rosee
Braccia si vede, i cori
Oh quanto allor si sentono
Da giocondo tumulto agitar più!
Certo maggior, ma simile
Fra le torbide scene
Senso in me desta il pingermi
Tue sembianze serene;
E all’atre idee contessere
I bei pregi, onde sol sei pari a te.
Ben porteranno invidia
A’ miei novi piaceri
Quant’altri a scorrer prendano
I volumi severi.
Che far, se amico genio
Sì amabil donatrice a lor non diè?