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Giuseppe Parini
Piramo e Tisbe
Ad uno improvvisatore
Ahi qual fiero spettacolo
Vegg’ io, che il cor mi fiede,
Sotto a la luna pallida,
Là di quel gelso al piede?
Una donzella e un giovane
In loro età più acerba,
Ecco trafitti giacciono
Insanguinando l’erba.
Oh dio, che orror! La misera
Sembra morir pur ora;
E il crudo acciar nel tiepido
Seno sta immerso ancora.
L’altro comincia a spargere
Già le membra di gelo;
E ne la mano languida
Tien lacerato un velo.
Ahi per gelosa furia
Un tanto error commise
Il dispietato giovane...
Ma chi lui stesso uccise?
Intendo. Aperse un invido
Rivale i bianchi petti,
O un parente implacabile
Ai furtivi diletti.
Indi fuggendo, il barbaro
Ferro lasciò confitto,
Che testimon del perfido
Esser potea delitto.
Ma tu sorridi? Ingannomi
Forse nel mio pensiero?
Tu dal crudel mi libera
Dubbio; e mi spiega il vero.
A te diè di conoscere
Le cose Apollo il vanto;
E dilettarne gli uomini
Col divino tuo canto.