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Iginio Ugo Tarchetti
Io vorrei conoscere perchè gli uomini piangono...
Vado leggendo alcuni fogli d’un giovine morto a venti anni: essi portano l’impronte di molte lagrime, e pure in questi medesimi fogli, egli mi consigliava a godere. Godiamo di fatto, poiché è tanto breve la vita. Non è il godimento per sé stesso che ne acceleri il fine dell’esistenza, ma è l’esistenza medesima che prevede il suo prossimo scioglimento, e si sforza di godere prima di morire. E a che si versano tante lagrime sopra la terra? Nessuna creatura ignora il suo proprio destino. Io vorrei dunque conoscere perché gli uomini piangono.
Pure, o mio povero amico, non appena eri nato, che già qualche cosa di triste velava continuamente i tuoi occhi, e già prima di conoscere gli uomini, e tutto ciò che si agita di cattivo sopra la terra, vaticinavi colle lacrime il dramma terribile della tua vita. Io ti ho poi visto morire, e quantunque tu benedicessi alla morte, molte ancora ne versasti alla vigilia della tua sepoltura. In questo modo, gli occhi degli uomini conoscono le lacrime prima della luce, e nel primo, e nell’ultimo giorno della vita gli uomini la salutano piangendo. Io so dunque che si versano molte lacrime sopra la terra, ma non per questo, io posso conoscere perché gli uomini piangano.
Io vidi un giorno, logorati dalle lacrime, gli occhi d’un uomo ricco e potente. - È ragionevole che gli sventuati piangano, ma è molto strano che piangano anche gli uomini felici. Io dissi dunque a me stesso: ecco che gli uomini piangono per istinto. E tu bene avevi ragione, o mio povero amico; le nostre lacrime sono senza dubbio l’inconscio prevedimento d’una sciagura maggiore, e per questo tu mi esortavi a godere. Sí, accarezziamo adunque quest’ignoranza, e facciamo che la morte ci sorprenda nel godimento. Oh! almeno un intervallo tra le prime e le ultime lacrime della vita! Troppo sarebbe grande sventura, se gli uomini potessero anche conoscere perché piangono!
Canti del cuore