Edizione Italiana
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    Ippolito Nievo

    Friuli

    Sublimi vette scintillanti, floridi
    colli, ridente pian, che di triplice
    difesa il mar nostro cingete,
    da Venezia all’estremo Quarnaro,

    dite, nel lungo volger dei secoli,
    qual di straniere armi e di popoli
    fiumana trascorrer vedeste,
    avida Italia ricercando.

    Ed ai nipoti, non sempre memori,
    il sangue sparso, le molte lacrime
    degli avi narrate, ed il nome
    ripetete dei grandi caduti.

    Chè di Lamagna, chè di Pannonia
    qui infranto giacque più volte l’impeto
    e il rude valore paesano
    alla patria comune fu scudo.

    Salve Friuli, vanguardia italica
    fra l’Alpe e il mare lanciata, vigile
    incontro all’eterno nemico,
    l’occhio attento, la mano alla spada.

    A te di verdi sonanti pascoli,
    di boschi e messi, di fiori e pampini
    fu larga natura, e a’ tuoi figli
    donò animo e braccio sicuri.

    Su l’Alpe hanno essi temprati i muscoli,
    hanno nel cuore della tua florida
    pianura il tranquillo sorriso,
    del mar vasto la calma e gli sdegni.

    A te dagli aspri dirupi carnici,
    per discoscese forre, precipita
    a valle ruggente, spumante
    la ricchezza di cento fontane;

    e, come fulvo giovenco indomito
    alla feconda opera piegasi
    dei campi, e all’aratro lucente
    la possente cervice abbandona,

    tale, de l’acque croscianti l’impeto
    domato, corre utile e docile,
    lungh’esso metallici nervi,
    per dar vita a mirabili ingegni.

    Liete ne suonan le valli, stridono
    argute seghe, nel novilunio
    di stelle lucente prodigio
    i dispersi villaggi corona.

    Tutte di pace fioriscon le opere.
    Di gravi spiche, di pingui grappoli,
    che il sole penetra e matura,
    la collina turrita si adorna.

    Sonaro un tempo d’armi e di gemiti,
    di fratricide armi rifulsero
    un tempo le torri grifagne;
    or la capra tra i ruderi bruca,

    che la vitalba profuma e l’edera
    riveste, lieti nei sotterranei
    ridotti gorgogliano i tini
    di vendemmia ricolmi, e di fiori

    i barbacani merlati cingonsi,
    e dove il sangue corse purpureo,
    al sole purpuree ricantan
    loro eterna canzone le rose.

    Salve Friuli, in pace florido
    in guerra forte. Tra i propugnacoli
    d’Osoppo alla brezza garrisce
    il vessillo d’Italia risorta.

    Alta sovr’esso nel cielo l’aquila
    latina vola, e a oriente librasi,
    con vasto remeggio dell’ali;
    ma placate non posano ancora

    del Savorgnano l’ossa, che, memori
    d’austriache rotte, nell’urna trepide
    balzaro alle austriache vittorie. —
    Sul sepolcro tuo novo, o magnanimo,

    il tricolore libero sventola;
    ad esso intorno si stringe e vigila
    un popolo industre, fecondo,
    mite in pace, ma in armi gagliardo.

    Attendi, prode, tutte d’Italia
    le sorti ancora non maturarono.
    Attendi, non tutta fu al vento
    data ancora la nostra bandiera.


    Canti del Friuli




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