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Ippolito Nievo
Notte d'inverno
Diffuso pel cielo invernale
è un grigio bagliore di luna;
dai monti una nuvola sale
veloce fantastica, bruna.
La borra, che sibila, intorno
la mena furiosa, la volta,
la incalza per l’aere piovorno,
la addensa più livida e folta;
e l’ombra sua fosca discende
sul freddo candore invernale
dei colli e del piano e si stende
per l’ampio deserto nivale.
I gelsi stecchiti, che in doppi
filari circondano i prati,
le cime spettrali dei pioppi
lungh’esso i ruscelli gelati,
protendon gementi, fischianti
il nero fastigio dei rami
e gettan, fra sibili e schianti,
al vento angosciosi richiami.
E appare veloce e scompare,
fuggente via via per il cielo,
lo scialbo bagliore lunare
di nubi tra un sudicio velo.
Ma giù nelle stalle, che sanno
di fieno e di fimo, ben calde
pel fiato dei bovi, che hanno
le imposte ben chiuse e ben salde
incontro al rovaio e alla bruma;
attorno alla nonna, che sa
le fiabe, ed al nonno, che fuma,
i bimbi si stringono, ed ha
ciascuno dipinto sul viso
paffuto il curioso spavento
dell’orco, che giunge improvviso,
se vuole, portato dal vento;
e sta con i grandi occhi attenti,
sperando e temendo che a un tratto
tra i bovi, che ruminan lenti,
compaia a cavallo del gatto
la strega, con pieno un corbello
di chicche e balocchi pei buoni
bambini, e per gli altri un castello
di gusci di noce e carboni.
Ma mentre di fuori urla e strepita
e turbina il vento furioso,
di dentro la lampada crepita
e invita i bambini al riposo.
Canti del Friuli