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Ippolito Pindemonte
La Melanconia
I.
Fonti, e colline
Chiesi agli Dei:
M’udiro al fine,
Pago io vivrò.
Nè mai quel fonte
Co’ desir miei,
Nè mai quel monte
Trapasserò.
II.
Gli onor che sono?
Che val ricchezza?
Di miglior dono
Vommene altier:
D’un’alma pura,
Che la bellezza
Della Natura
Gusta, e del Ver.
III.
Nè può di tempre
Cangiar mio fato:
Dipinto sempre
Il ciel sarà.
Ritorneranno
I fior nel prato
Sin che a me l’anno
Ritornerà.
IV.
Melanconia,
Ninfa gentile,
La vita mia
Consegno a te.
I tuoi piaceri
Chi tiene a vile,
Ai piacer veri
Nato non è.
V.
O sotto un faggio
Io ti ritrovi
Al caldo raggio35
Di bianco ciel;
Mentre il pensoso
Occhio non movi
Dal frettoloso
Noto ruscel:
VI.
O che ti piaccia
Di dolce Luna
L’argentea faccia
Amoreggiar;
Quando nel petto
La Notte bruna
Stilla il diletto
Del meditar:
VII.
Non rimarrai,
No, tutta sola:
Me ti vedrai
Sempre vicin.
Oh come è bello
Quel di viola
Tuo manto, e quello
Sparso tuo crin!
VIII.
Più dell’attorta
Chioma, e del manto,
Che roseo porta
La Dea d’Amor:
E del vivace
Suo sguardo oh quanto
Più il tuo mi piace
Contemplator
IX.
Mi guardi amica
La tua pupilla
Sempre, o pudica
Ninfa gentil;
E a te, soave
Ninfa tranquilla,
Fia sacro il grave
Nuovo mio stil.