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Jacopo Sannazaro
False speranze ond’ io predato fui
False speranze ond’ io predato fui,
pensier molesto, inutile fatica,
piaga sepolta nel mio pett’ antica,
no più me, no, solecitat’ altrui.
Lontan da te mi chiam’ a sé Colui
che del buon seme rende miglior spica,
e tu, spietata di mie mort’ amica,
piangi di me, c’ altro signor mi frui.
Ficte lusinghe, ’nstabile promese,
non più vi goderete del mio male,
ché d’ uom ignudo più non tem’ offese.
Non son più segno distinat’ a strale;
finit’ è ’l tempo delle sciocch’ imprese.
Getta, Amor, l’ arco; ingrata donna, vale!