Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Lorenzo Pignotti

    I due Passerini

    O tu cui di man propria,
    Amor formar elesse
    Sul modello di Venere
    E questo ancor corresse;

    Tu che il vivace spirito
    Tempri con tal saviezza,
    Che fra i tuoi rari meriti
    Il meno è la bellezza:

    E fia ver che di triplice
    Benda sì Amor ti cinga
    Che a grave irremediabile
    Follía già già ti spinga?

    Che in nodo indissolubile
    Unir ti voglia a un stolto
    Amante, che altro pregio
    Non ha che un vago volto?

    Miralo: l’alma stupida
    Traspare ai guardi, al gesti;
    Se pur alberga un’anima
    In queste umane vesti,

    In quella polpa inutile
    Entro del cranio ascosa
    Che in vece a lui di cerebro
    Diè Natura dubbiosa.

    Se a un bruto irragionevole
    O a un uom dava la vita,
    Di senno una ancor languida.
    Traccia non è scolpita.

    Tu il sai, leggiadra Fillide,
    Ma pur la ria passione
    Di così folte tenebre
    Ti offusca la ragione,

    Che giungi fino a credere,
    Che non sia sminuita
    Quella fiamma che accendeti
    Per tutta la sua vita,

    So contro Amor che deboli
    Son le ragioni e vuote,
    So che una donna amabile
    Il torto aver non puote;

    Onde non già per vincere
    La tua follia diletta,
    Narrarti sol per ridere
    Vo’ breve favoletta.

    Sul fianco aprico e florido
    D’agevole collina,
    Che con pendío piacevole
    In sen d’un rio declina,

    Ramose piante intrecciano
    La chioma lor frondosa
    E verdeggiante formano
    Amena stanza ombrosa.

    Pe’ verdi rami scherzano
    Con lascivetti voli,
    E d’Amor note cantano
    I flebili usignuoli.

    Quivi il fanello stridulo,
    La tortora qui geme,
    Qui tutta par l’aligera
    Famiglia accolta insieme.

    Di questa stanza rustica
    Tra d’erbe verdeggianti
    Felici si viveano
    Due Passerini amanti;

    E d’un amor scambievole
    Tant’erano infiammati
    Che mai non si mirarono
    Se non accompagnati,

    Parea, che un’istessa anima
    Con artificio ignoto
    In un tempo medesimo
    Desse a due corpi moto.

    Per l’aria insiem volavano
    L’uno dell’altro appresso,
    Indi si riposavano
    Sul ramoscello istesso.

    Insiem vedeansi pendere
    Sull’ondeggiante e bionda
    Spiga, ed il rostro immergere
    Insiem nella fresc’onda.

    Indi con note tenere
    E armonici concenti,
    Parea, che cagionassero
    In armoniosi accenti:

    Entro del seno concavo
    D’un’alta querce antica
    Prendeano insiem ricovero
    Poi nella notte amica.

    E benchè sciolti e liberi
    In mezzo alla campagna,
    Ella altro amante, ei scegliere
    Potesse altra compagna,

    Ella fu sempre stabile
    Ai primi affetti sui,
    Ella con fè reciproca
    Non seppe amar che lui.

    Ma della sorte prospera
    Sempre è il favor fallace;
    Sul mal piè fermo e instabile
    Stassi il piacer fugace.

    Un dì che insiem gioivano
    Fra gli amorosi affetti,
    Di cacciatore barbaro
    108 Restâr fra i lacci stretti,

    E quasi Marte e Venere
    Nell’ore lor più liete,
    Colti e legati furono
    In improvvisa rete.

    Entrambi allor si chiudono
    In gabbia angusta, e insieme
    Forzati sono a vivere
    In fino all’ore estreme.

    Ma oh strana ed incredibile
    Mutazïon d’affetti!
    Ciò che bramaron liberi
    Abborrono costretti.

    Viver insiem bramarono
    Fino all’estremo fato;
    Or che per forza il debbono
    Ciascuno è disgustato.

    A contenerli è piccola
    Ora una gabbia sola,
    Accanto più non posano,
    Chi qua, chi là sen vola.

    Ognora si querelano,
    Già l’odio è dichiarato,
    Già già di sangue tingono
    Rabbiosi il rostro irato.

    Convien alfin dividerli
    In due gabbie distinti,
    O da furor scambievole
    Cadono entrambi estinti.

    Udiste la mia favola?
    In questa è al vivo espresso
    Il maritale vincolo
    Com’è di moda adesso.

    Vincolo non da simile
    Indole ben formato,
    Ma da un capriccio fervido
    Che muor appena nato.

    Pria d’entrarvi, la gabbia
    Guarda con occhio attento,
    Chè vane fian le lagrime
    Quando vi sarai dentro.




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