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Ludovico Savioli
Il Passeggio
Già già sentendo all’auree
Briglie allentar la mano
Correan d’Apollo i fervidi
Cavalli all’oceano.
Me i passi incerti trassero
Pel noto altrui cammino,
Che alla città di Romolo
Conduce il pellegrino.
Dall’una parte gli arbori
Al piano suol fann’ombra,
L’altra devoto portico
Per lungo tratto ingombra.
La tua, gran padre Ovidio,
Scorrea difficil arte,
Pascendo i guardi, e l’animo
Sulle maestre carte;
Quando improvviso scossemi
L’avvicinar d’un cocchio,
E ratto addietro volgere
Mi fece il cupid’occhio.
Su i piè m’arresto immobile,
E il cocchio aureo trapassa,
Che per la densa polvere
Orma profonda lassa.
Sola su i drappi serici
Con maestà sedea
Tal che in quel punto apparvemi
Men donna assai che Dea.
Più bello il volto amabile,
Più bello il sen parere
Fean pel color contrario
L’opposte vesti nere.
Tal sul suo carro Venere
Forse scorrea Citera,
Da poi che Adon le tolsero
Denti d’ingorda fera.
La bella intanto i lucidi
Percote ampi cristalli;
L’auriga intende, e posano
I docili cavalli.
Tosto m’appresso, e inchinomi
A quel leggiadro viso,
Che s’adornò d’un facile
Conquistator sorriso.
Amor, di tua vittoria
Come vorrei lagnarmi?
Chi mai dovea resistere,
Potendo, a tue bell’armi?
In noi t’accrebbe imperio
La destra man cortese,
Che mossa dalle Grazie
A’ baci miei si stese.
Risvegliator di zefiri
Ventaglio avea la manca,
Onde solea percotere
Lieve la gota bianca.
Ne’ moti or lenti, or rapidi,
Arte apparía maestra;
Lo Spettator dell’Anglia
Così le belle addestra.
O man, che d’Ebe uguagliano
Per lor bianchezza il seno,
Ove fissando allegrasi
Giove di cure pieno.
Forse sì fatte in Caria
Endimíon stringea,
Quando dal carro argenteo
Diana a lui scendea.
Quei vaghi occhi cerulei
Movea frattanto Amore;
Rette per lui scendevano
Le dolci note al core.
Come potrei ripetere
Quel ch’ a me udir fu dato?
Dal novo foco insolito
Troppo era il cor turbato.