Library / Literary Works |
Ludovico Savioli
La Felicità
Dunque gli Dii non volsero
Le mie speranze in gioco:
Te dunque ancor che tacita
Pur arse il nostro foco.
Chiusi volea modestia
Quei cari labbri invano,
Che aprirli alfin compiacquesi
Amor di propria mano.
Tu m’ami: il tuo resistere
A torto alfin m’increbbe;
Esso alla mia vittoria
Pregio novello accrebbe.
Deh! più gradita all’animo
Per te che il puoi si renda,
Che per mio ben ripeterla
Dalla tua bocca intenda.
Escan sinceri e liberi
I tuoi sospir dal core:
Quegli occhi i miei ricerchino,
E in lor gli arresti Amore.
Noi vegga uniti Apolline,
S’esce dal lido Eoo,
Noi, se nel freddo oceano
Attuffa Eto, e Piroo.
Se te destìn contrario
Dal fianco mio non parte,
Con pace sia di Venere,
Lei non invidio a Marte.
Me Amor di novo imperio
Non graverà ch’io creda,
Egli, che ad altra tolsemi,
Onde foss’io tua preda.
Fiamma, se i voti il mertano,
Eterna ad ambo ei dia,
Che ognor l’istessa io troviti,
E novo ognor ti sia.
Pochi la Parca indocile
Anni mi lasci omai;
Se teco possa io viverli
Sarò vissuto assai.
Tu (al desíato uffizio
Ti serbino gli Dei)
Colla tua mano chiudere
Devi questi occhi miei.
Richiameran tue lagrime
Il fuggitivo spirto:
Tu l’urna, ov’io riposimi,
Coronerai di mirto.
Poi, dove i casi il chieggano,
Rasciugherai le gote.
Oltre alle fredde ceneri
Amor durar non puote.
E Dido ancor serbavasi
Fida all’estinto sposo.
Ombra gelosa e credula,
Fu breve il tuo riposo!
Figlio dell’aurea Venere,
Giunon fuggendo, e l’acque
Enea discese ai vedovi
Novelli regni, e piacque.