Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Luigi Mercantini

    Il quindici agosto1

    — Vien qui, più presso a me, Lauretta mia!
    Accompagna d’un tuo caro sorriso
    Questa nova letizia che mi leggi
    Forse negli occhi. Oggi, e tu ’l sai, da un lieve
    Dormir svegliata, a Dio la Vergin Madre
    Su le penne de gli angeli saliva.
    La divota Chiesetta, che s’adorna
    D’un’ara sacra al bel trïonfo, or suona
    Di giojose innodíe!... Dammi, o Madonna,
    Che anch’io, tra ’l folto popol che saluta
    A l’immagine tua, m’inchini e prostri!
    Oh, se il potessi! che gentil preghiera
    Darebbe a te ’l mio cor, Vergine santa!
    L’anime elette, che di tue bellezze
    Nel cammin de la vita innamoraro,
    Come da’ corpi si dissolvon, cinta
    Da bianche verginelle, in vago aspetto
    Te veggono calar soavemente
    Presso il funereo letto, e tua pietate
    Le penose agonie loro addolcisce.
    Ma più cara ti porgi a’ giovinetti
    Cui di tua man, sorridendo, accarezzi
    Le disfiorate guance. Oggi deh vieni
    A me, dolce Maria! ch’oltre l’usato
    Raggiante io ti vedrò nel più bel giorno
    De le allegrezze tue..... Deh tu, sorella,
    Per me al tempio ti affretta, e là ripeti
    L’affettüoso prego..... — Oh! tu fuor d’uso
    Mi guardi, e taci.....? — Come allato a un’urna
    Sculta s’atteggia una pietosa immago,
    Che al sasso tien le luci opache e sparse
    Di due ghiacciate lagrime; a tal guisa
    Stava Lauretta al suon de le parole.
    Se pia credenza al ver non ménte, ogn’anno,
    Quando ritorna il dì che per le vôlte
    De’ templi echeggia = Assunta Ella è in Empiro =,
    Maria, quasi a diletto di quel Sole
    Che in Lei sua luce ascose, il trïonfale
    Ascendimento rinnovella, e scanno
    A’ suoi piè fa la stessa nugoletta
    Che biancheggiò quel giorno, e gli astri stessi
    Le fan corona, e gli angioli e il concento
    Che benedice a Dio: allor le porte
    S’apron del Paradiso; allora ’ncontro
    A Lei fassi ’l Figliuolo; e mentre all’aura
    Del Paracleto il suo fulgor s’avviva,
    Dal più sublime e puro arco de’ cieli
    Le onnipotenti sempiterne braccia
    Apre il gran Padre al glorïoso amplesso.
    Ma l’ora è già che del salir la festa
    Per mezzo al luminoso aer s’incominci;
    Già muovon l’ali, già toccan le cetre,
    Quasi preludïando il dolce canto
    Gli ardenti Serafini. A un lieve inchino
    Però de’ Virginali occhi s’arresta
    L’angelica letizia. — Ancora un breve
    Indugio, o vaghi Spirti, e più giulive
    Si faran vostre melodíe, più lieto
    Di vostre labbra il riso: un angiol novo
    Dal collicello di Canzano or ora
    Dispiega il volo a la sua stella: oh cari!
    Io vuo’ aspettarlo, perch’ei cresca un lustro
    Al mio trionfo, e come un don d’amore
    Io stessa vuo’ portarlo in grembo a Dio! —
    Maravigliâr le sante crëature,
    E l’une a l’altre sorridean; ma quando
    Vider più vive balenar le luci
    De la Regina eterna, un picciol suono
    Udîr lor presso che diceva = Laude
    A l’amica di Dio! sien benedette
    Le sue bellezze nel Signor! — La voce
    Del novo Angel quest’era, che Maria
    Al sen, baciandol, si raccolse, e cenno
    Fè poi d’alzarsi a gli stellanti giri.

    Note

    1. In questo dì, sacro all’Assunzione di Maria Vergine, il giovine Leopardi morì.




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