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Luigi Mercantini
Lauretta1
Se dentro a vil casipola, in sul nudo
Terren gittando la misera vita
Agonizza un morente; o in molli piume
Tal si affanna, che nullo abbia conforto
Da chi dar non potrebbe altro che pianto
Su le coltri funerëe, l’amico
Angelo a cui commessa è la custodia
De l’egro inconsolato, in uman viso
A lui si mostra, e disïosamente
Con cenni e con parole a l’alto passo
La dubbia alma avvalora. Or chi s’appressa
A romper d’alcun raggio il nugol tetro
Che in sul fronte di Jacopo s’abbuja?
Sul conscio letto assiso, a breve carta
Con la tremula man note dolenti2
Egli affida piagnendo: Oh! niun di loro
Che a lui veglian d’intorno, oda il sospiro
Che gli esce ora del cor! nissun deh ascolti
La lugubre canzon ch’Egli a se stesso
Intuona in sul morir! tremando, ansando,
Inginocchiata, con le man’ sul petto
Al ciel gl’illagrimanti occhi la pia
Madre innalza: un pallor, come di morte,
È al genitor sul volto, che non mette
Nè singulto nè accento. Angiol soave,
Che al giovinetto da la prima etade
Ti giugnesti compagno, or ve’ l’angoscia
Che sì ’l combatte, e più e più s’inaspra
Pel lamentar de’ suoi! Chè non l’ajuti
Di tua vista diletta? — Ah! tu non vedi,
Par ch’ei risponda, la gentil fanciulla
Cui sì possente all’anima ragiona
Sacro amor di sorella? A me non lice
Dinanzi agli occhi suoi visibilmente
Dar luce all’onda delle chiome aurate,
Qui ov’Ella, tutte in cor le dolorose
Lacrime ristagnando, al fratel suo
Or favella, or sorride, or la promesse
Di nuove paci in sì pietosi modi,
Ch’io pur ne tragioisco! — Come suole
Nanzi agli altari un giovincel levita,
I vaghi d’ôr turiboli agitando,
Ravvivar le fiammelle, insin che grave
Il pontefice assurga, e su vi spanda
Eletto incenso a involver l’ara e i cèri
Degli ondanti profumi; or similmente
La virtute de l’egro, al sacrificio
De’ primi affetti suoi, di tutte gioje
E speranze e desir’, s’accende e affranca
Nei puri angelizzati occhi di Laura.
Note
1. Questa affettuosa donzella si stette sempre accanto al letto del suo fratello con tanto amore e fermezza ad un tempo, che non si può dire.
2. Ne’ suoi ultimi giorni scrisse alquanti versi, ne’ quali annunciava la vicina sua morte.