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Luigi Mercantini
Un'ora di melanconia
Su la tacita aurora, o quando cala
Tra le montagne il sol, quasi a sollievo
De le affannate membra, Ei gía soletto
Per romita campagna a ber de l’aure
Imbalsamate nell’odor che vola
Da le nascose mammole, dal cespo
De l’erbette ancor vergini, dal bianco
Fiorellin de le mandorle, e da tutte
Le vaghe novellizie onde è leggiadra
La gioventù de l’anno. E fu taluno
Che tra verzure chiuso in fresca ombría
Lui vide, e, quasi estatico, sul dosso
De l’una man posando il mesto volto,
Lungamente star fiso ora a le belle
Correnti de l’Umano, ora ai nevosi
Del Gran-sasso dirupi. Oh! qual pensiero
A la sua mente allor movea su l’ali
Del giovenile immaginar! Fors’egli
Sentía nel cor le tenere speranze
De’ bei giorni futuri! — Il dolce loco
Io rivedrò più mai cui bagnan l’acque
Di Viccióla e Torlído? O disïati
Miei compagni di studi, un doloroso
A me voi deste addio; ma pur — sii lieto,
Diceanmi alcuni, e tosto a noi ritorna
Di sanità rinnovellato — Oh quanta
Allegrezza di vita a me s’appresta!
Che gioja al cor de’ miei, quand’io col lauro
In su la fronte redirò, che cinge
A’ suoi più cari Ippocrate! Se grato
A mie cure solerti, un miserello,
Che sia presso al morir, riconfortato
Nel seren de la vita, una soave
Lagrima sparga sul mio petto, e inviti
La sua dolce famiglia a benedirmi,
Beato io non sarò? Fior grazïoso
Di giovinezza mia, no che sì tosto
Non perderai l’onor de le tue foglie.
E perchè l’ore intorno a me più lieta
Note
Dilettossi anche di scriver versi; e, tra le altre cose, dettò due poemetti, uno intitolato — Il regno delle Imagini — , l’altro — Un sogno — .