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Mario Rapisardi
Felicitas
In cima a un granitico scoglio,
Cui batte l’eterna marea,
Troneggia su nitido soglio
La bianca impassibile dea.
Sul mare purpureo s’aggrava
Il cielo qual volta di piombo;
Da’ flutti bollenti qual lava
Perpetuo diffondesi un rombo.
Non l’orrida notte solenne
Per astro novello si frange;
Nell’ombra perenne, perenne
La voce dell’Essere piange.
E il mare con fremito alterno
Di scherno ripete all’immane
Scogliera: Io mi nutro in eterno
Di sangue e di lagrime umane.
E assiduo rompendosi il vento
Al nume rimugola in giro:
Dei popoli io sono il lamento,
Dei secoli io sono il sospiro.
E tutto che palpita ed ama
Nel ciel, nella terra, nell’onda,
In suon lamentevole esclama,
Perduto nell’ombra profonda:
Ahi, sempre sul monte starai
Col guardo su’ naufraghi, o diva?
Nessuno, nessun potrà mai
Baciar la tua fulgida riva?
Se vano miraggio tu sei,
Se vuoto fantasma di sogno,
Perchè più del ver tu mi bèi?
Perchè più di tutto io ti agogno?
O Sfinge indomabile, o Idea
Che tacita splendi lassù,
O bianca impassibile dea,
Non forse la Morte sei tu?
1892