Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Mario Rapisardi

    Frammenti

    I

    Pugnai, già tempo, audace cavaliere dell'Idea,
    Per selve immani, tra ferrigne genti:
    Sibilava calcata la fosca idra plebea,
    L'odio avventava i suoi freddi serpenti.

    Schivo di fatue gare e di trionfi brevi,
    La morte agli occhi e la vittoria in core,
    Tal fiamma ai venti io crebbi: e tu mi sorridevi
    O Libertà, mio prepotente amore.

    Di giustizia affamato, sitibondo di vero,
    Ne le gelose irruppi aule divine,
    Crudel come un selvaggio, come un asceta austero,
    Ebbro di sacrifizi e di ruine.

    Ora più saggio, o meno a la mia pace avverso,
    O dolci campi, a voi tornare intendo,
    E alla natia parete il bronzeo usbergo e il terso
    Acciar, di sangue non digiuno, appendo.

    Ma non però dei tuoi regni immemore posa
    Vago d'umili obietti il mio pensiero,
    O divina Utopia, Candida nebulosa,
    Dal cui fecondo sen pullula il vero.

    II

    Questo mirabile brano incompiuto forse il Rapisardi aveva in animo di aggiungere al suo poemetto «La Cometa », che fa parte del suo ultimo libro di poesia L'Asceta, ov'egli attinse i culmini estremi della pura bellezza classica.

    Ma non dispersa con la terra insieme
    (O verità, nella tua fede il giuro)
    Andrà de le incolpate anime il seme.

    Ecco, dinanzi a me l'invido muro,
    Che a le inferme pupille il ver contende,
    Ruina, ed al pensier s'apre il futuro.

    Come libere van fuor dall'orrende
    Chiostre le note d'un virgineo canto
    Al cor che più le aspetta e le comprende,

    Così dai covi dell'errore il santo
    Stuolo uscir miro in un'eterea sede
    Ov'è estranea la colpa e ignoto il pianto.

    E qual sobrio villano, allor che vede
    Soffice a l'acque tempestive il suolo,
    Semina il pane e nel ricolto ha fede;

    Tal vibrato dal padre Etere, a volo
    Sorge alle case d'un miglior pianeta
    E là cresce in virtù l'inclito stuolo.

    Oh giocondi lavori, oh messe lieta
    Che natura apparecchia a l'innocente
    Cor che di pace e di giustizia asseta!

    Rinnovata di novella mente
    Sorger vedo e fiorire all'aura nova
    Da' novi solchi la mortal semente:

    In un pensiero, in una lingua, a prova,
    D'armi non già ma d'arti utili e buone,
    Vincer gl'inciampi e oprar quanto più giova:

    Libero e puro in su l'industre agone
    Librarsi il genio a cui dan grido e forza,
    Con amore « virtù, dritto e ragione.

    Col dir soave ei la terrestre scorza,
    S'altra ne resti a la redenta prole,
    Svelle da' petti e a ben oprar li sforza.

    Vien con lui la Bella, splendida al sole,
    Benigna dea che di suoi rosei stami
    Lega i cori ed indìa chi più la cole:

    Sorgon l'arti benigne a' suoi richiami
    E in generosa gara arditi e presti
    Ardon gl'ingegni che parean più grami.

    Siate buoni, ella dice, ognor funesti
    Vivono i forti a cui bontà non ride...




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