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Mario Rapisardi
Mattinata
DAL fetido stambugio, ove s’imbuca
Ne le rigide notti, esce al mattino
Diego il matto pezzente; e co’l cisposo
Occhio spiando il cielo umido e scuro,
Su la soglia s’accoscia, e canta al Sole.
— O frate sole, anche voi, se non erro,
Troppo vi fate quest’oggi aspettare:
V arrestò forse qualch’ispido sgherro
Perchè vermiglio uscivate dal mare?
Forse, oblïando ogni vostro dovere,
V’intratteneste ad un lauto banchetto,
E, avendo alzato più volte il bicchiere,
L’augusta sbornia crogiate nel letto?
Forse una bionda marchesa, ammalata
Di malinconico amore ideale,
A’ vostri baci s’è tanto scaldata
Che v’ha succhiato il midollo spinale?
O frate sole, noi siamo canaglia,
Che non pensiamo nè al prima nè al poi,
Noi siamo carne da forca e mitraglia,
E non abbiamo altro amico che voi.
Voi maturate, pur troppo, le spiche
A chi spasseggia ozioso ne’ cocchi,
E rischiarate le nostre fatiche,
E c’impregnate su’l capo i pidocchi;
Ma i poverelli, così come siete,
Vi chiaman sempre, vi vogliono bene;
E, ancor che soffran la fame e la sete,
Quand’altri sbuffa tra fumide cene,
Dal marcio strame, ove languono infermi,
A voi sospiran da l’anime strane,
E al vostro raggio, quai sudici vermi,
Strisciano in busca di morte o di pane.
O frate sole, ma voi, se non erro,
Troppo vi fate quest’oggi aspettare:
V’arrestò forse qualch’ispido sgherro
Perchè vermiglio uscivate dal mare?
O, trafficando il sorriso bugiardo,
Sol compiacete de’ grandi a le brame,
Nè vi degnate più dare uno sguardo
Al nostro vivo dolente carcame?
O frate sole, s’è ver che mi fate,
Con riverenza, sì bel pateracchio,
Deh! permettete, mio splendido frate,
Che su la faccia vi tiri uno sgracchio. —
Così crocida il matto, e si rischiara
Con gravità. Fitta e minuta cade
Dal ciel bigio la piova; e mentre ei guazza
Barcollante nel fango e al ciel sogghigna,
Le dame impellicciate escon dal ballo.
Giustizia, 1883