Edizione Italiana
    Library / Literary Works

    Mario Rapisardi

    Per la venuta dei gesuiti

    Poichè da’ nostri mali imbaldanzita
    La lojolesca biscia
    Sopra la mensa al popolo imbandita
    Viscida striscia;

    E nelle giovanili anime, pronte
    A oneste opere, il covo
    Lubrica adagia, e intorbida la fonte
    Del secol novo;

    O Verità, vibra un tuo raggio, e straccia
    Del mostro empio le trame;
    O Storia, abbassa il piè di bronzo, e schiaccia
    Il capo infame!

    Dunque invano, o Voltaire, il tuo sovrano
    Su’ consecrati errori
    Ghigno scoccò! Fiammeggiò dunque invano
    Campo dei Fiori?

    Ah, non perchè propizio al mostro immondo
    Splendesse il sociale
    Vessillo, o Marx, tu liberavi al mondo
    L’opra immortale!

    Faro di verità, per l’aer tetro
    La redentrice Idea,
    Qual Dio dal rovo al mandrian di Jetro,
    A lui splendea.

    Magnanimo Argonauta, in notti fosche,
    Per mari aspri, al governo
    Stette; e spregiando delle ciurme losche
    L’ira e lo scherno,

    Lei sola egli vedea, limpida in cieche
    Ombre; lei sola altrice
    Di libertà, lei di miserie bieche
    Trionfatrice.

    O presagita in ogni età, da ogni
    Libero cor sentita,
    Giustizia, idea che non in ciel, tra’ sogni,
    Ma in terra hai vita.

    Tu vincerai, pur che a lusinghe oscene
    Di regj avventurieri,
    Pur che a salmi di mistiche sirene
    Le orecchie inceri.

    Redimerai tu la falange oscura
    De’ faticanti oppressi,
    Ma cinta sol di tua virtù, ma pura
    D’ibridi amplessi!

    Ben chi di voluttà misere il sacco
    Inzeppa, e con giulivo
    Senno cartesianeggia: Io son vigliacco,
    Dunque son vivo;

    Chi sagace, in utroque addottorato,
    Invade aule e tribune,
    E fedele alla Chiesa ed allo Stato
    Delinque impune;

    Chi, d’ubbie lardellato e d’arroganza
    L’animettina scema,
    Contro al Giudizio, che fatal si avanza,
    Cozza ma trema;

    Chi, usureggiando il mal redato censo,
    Mira prudente al poi,
    Lieto al reduce mostro il turpe assenso
    Bela. Ma voi,

    Ch’esercitati dal terror feroce
    D’un vulgo ebbro e venale,
    Portate per immani erte la croce
    Dell’Ideale;

    Ma voi, lavoratori umili, asceti
    Placidi in mezzo all’ire,
    Voi pensatori, apostoli, poeti
    Dell’avvenire;

    Voi tutti, ingenui cori, aeree fronti
    Cui l’Ideal baciò,
    Voi, monti austeri e fulgidi orizzonti,
    Direte: No!




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