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Silvio Pellico
La Mente
Conjungere Deo et sustine.
(Eccli. 2. 3).
E che importa ovunque gema
Questa salma sciagurata,
S’altra possa Iddio m’ha data
Che null’uom può vincolar?
Della creta dagl’inciampi
Esce rapida la mente:
Più d’un tempo è a lei presente,
Cielo abbraccia e terra, e mar.
Io non son quest’egre membra
Di poc’alito captive;
Io son alma che in Dio vive,
Io son libero pensier.
Io son ente, che, securo
Come l’aquila sul monte,
Mira intorno, e l’ali ha pronte
Ogni loco a posseder.
Invisibile discendo
Or a questi, or a quei lari;
Bevo l’aura de’ miei cari,
Piango e rido in mezzo a lor.
De’ lontani veggio i guardi,
De’ lontani ascolto i detti:
Mille gaudii d’altrui petti
Mi riverberan nel cor.
Essi pur, benchè da loro
Lunge sia mio seno oppresso,
San che li amo, san che spesso
A lor palpito vicin:
San che sol la minor parte
Di me preda è degli affanni;
San che l’alma ha forti vanni,
Che il suo vol non ha confin.
Lode eterna al Re de’ Cieli
Che m’ha dato questa mente,
Che lo immagina, che il sente,
Che parlargli e udirlo può!
Morte, invan brandisci il ferro:
Di che mai tremar degg’io?
Sono spirto, e spirto è Dio;
Nel suo sen mi salverò.